Un viaggio nel tempo alla scoperta di Santarcangelo di Romagna
23 Marzo 2019 by
Arianna Pagliarani
Ph. credits: N.monte
Nulla succede per caso… una domenica di febbraio, accompagniamo Giorgia ad una partita di pallavolo a Santarcangelo: Giorgia non ha piacere che restiamo ad assistere, perché non si concentra se noi siamo lì.
Nessun problema! È una bellissima giornata e noi amiamo particolarmente Santarcangelo (abbiamo frequentato la scuola superiore lì e quindi la nostra adolescenza, per questo ci è rimasta nel cuore), decidiamo di farci un giro.
Ma non è stato il solito giro, questa volta è stato magico!
Decidiamo di girare la parte alta, passiamo davanti alla Rocca Malatestiana come tante altre volte e vediamo il custode bloccato da una telefonata mentre era in procinto di chiudere il portone d’ingresso. Attendo che chiuda la chiamata e chiedo se fosse possibile visitare la Rocca, lui gentilmente risponde che potevamo accomodarci nella sala da pranzo, usata momentaneamente per l’attesa, dove c’erano altre persone pronte per la visita: perfetto capitati al momento giusto.
La costruzione risale al IX secolo ma fu ad opera di Sigismondo Pandolfo – letterato, guerriero e architetto assunse, al termine dei lavori nel 1447, la configurazione definitiva che ancora oggi conserva.Nel 1462 la Rocca fu presa da Federico da Montefeltro, riconquistata da Roberto, figlio di Sigismondo Pandolfo, e messa a ferro e fuoco da Cesare Borgia nel 1498. Caduto anche il Borgia, ed abbandonata dai Malatesta, la Rocca passò ai Veneziani che la cedettero alla Santa Sede nel 1505. Nei secoli successivi, e fino all’Unità d’Italia, fu data in enfiteusi a vari signori, finché nel 1880 divenne proprietà della famiglia Massani. Nel 1903 fu acquistata dai Conti Rasponi dai quali, per eredità, è giunta ai conti Spalletti e quindi ai Colonna di Paliano che ne sono tuttora proprietari. La famiglia Colonna apre le porte della Rocca non solo per le visite turistiche, ma anche per incontri culturali e musicali che attirano migliaia di persone ogni anno.
Ph. credits: Renardo_la_vulpo
La Rocca è visitabile solo in parte, ma ne vale la pena, il luogo è molto suggestivo e permette di immergersi in un’epoca tanto lontana da noi, ma che è riuscita a lasciarci queste imponenti testimonianze, grazie anche al custode (e giardiniere) che esprime tutta la sua “romagnolità” nell’accento e nella simpatia durante le spiegazioni.
Usciti dalla Rocca continuiamo il nostro giro e ammiriamo il panorama che si apre davanti a noi, meraviglia!
Ph. credits: N.monte
In fondo al viottolo arriviamo al museo del bottone, la mia visita qui risale ai tempi della scuola, Fausto invece l’ha visitato più volte accompagnando i clienti l’estate; quante volte ci siamo passati davanti e proprio per questo si da per scontato che lo si conosca..
Oggi ho detto “entriamo”! Una vera e propria galleria d’arte di miniature o meglio 14000 bottoni. Appena entrati un anziano e distinto signore, Giorgio, che era seduto un po’ più in là si alza e ci accoglie gentilmente e modestamente ci chiede se siamo interessati ad ascoltare quello che ha da raccontarci sui suoi bottoni, la mia risposta è “certamente”! Mi guarda è mi domanda: “cos’è per lei un bottone?” Il mio primo pensiero è stato la banale definizione del dizionario, ma man mano che raccontava la storia attraverso questi piccoli e preziosi cimeli la mia idea è cambiata completamente. Ho capito che attraverso questi bottoni si racconta la storia sotto tutti gli aspetti sociali, i vizi e le virtù dell’umanità. I bottoni nel mondo antico erano una prerogativa maschile, per comunicare la loro importanza e supremazia. Nella storia il bottone è stato oggetto di comunicazione, ostentazione, seduzione, provocazione. Ci ha mostrato bottoni con le figure di Lorenzo il Magnifico, Maria Antonietta, Maria Luisa d’Asburgo, i bottoni dei papi fra cui Papa Francesco, un bottone disegnato da Pablo Picasso per Coco Chanel, ma anche di mosaici, madreperla, oro, argento, zaffiri e pietre dure, quelli del 1600 Russi, Italiani e Giapponesi, anche un bottone proveniente da Birkenau che ci parla dei campi di concentramento.
E’ stato un vero viaggio nel tempo, grazie signor Giorgio, per la sua passione e il suo entusiasmo nel raccontarci la storia attraverso i suoi bottoni, che nel salutarci ci disse: “Grazie e scusate si vi ho attaccato bottone” 🙂
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